Un gioco di maiuscole e minuscole per differenziare chi ci prova da chi ci riesce. Parlo oggi di Bistrot, un termine con origini antiche e controverse, adottato poi nella Parigi dell’Ottocento ad indicare quei localini talvolta minuscoli che facevano da rifugio a giovani artisti squattrinati che non potevano permettersi nemmeno un ambiente riscaldato in cui operare, e vi passavano intere giornate a lavorare alle proprie opere, alcune rimaste ignote come chi le ha create, altre divenute poi immensi capolavori.
Dall’Ottocento parigino al presente italiano
Bistrot originali e frequentazioni storiche
Si parlava a quei tempi di scrittori, che entravano nei bistrot armati di penna e calamaio; pittori, con le loro tele candide e le tavolozze di colori, talvolta ottenuti da strani intrugli per via dell’eccessivo costo dei colori “ufficiale”, e magari proprio grazie a queste mescole artigianali riuscivano ad ottenere effetti così meravigliosi; letterati, che potevano anche trovarsi semplicemente per discutere temi di attualità, armati o meno di volumi di libri al seguito; musicisti, che finivano per essere cacciati per via del “fastidio” che potevano arrecare ad altri avventori; e tanti altri artisti di diversa natura…
Nuovi bistrot e nuovi artisti
Oggi la situazione è un po’ diversa: da un lato, fortunatamente, il tenore di vita medio si è alzato (anche se persiste l’esistenza di grandi talenti incompresi che si ritrovano a dipingere l’asfalto in cerca di pochi spicci quando magari artisti mediocri, ma che si sono saputi vendere meglio, stanno aprendo l’n-esimo atelier negli States); dall’altro l’artista assume una forma ancora più poliedrica, andando ben oltre scrittura, pittura e letteratura.
Abbiamo oggi anche artisti dell’ingegneria, artisti della tecnologia, artisti dell’informatica, e chi più ne ha più ne metta; inoltre, perfino chi resta fedele alle arti “classiche” quali pittura, scrittura, musica o similari, lo fa anche attraverso nuovi strumenti tecnologici, quali computer, tablet, smartphone.
E’ l’evoluzione naturale della specie.
Non c’è nulla di nuovo sotto questo cielo, direbbero alcuni: cambia solo la modalità in cui si crea, si mostra, si condivide e si apprezza (il significato di un “like” su un social di oggi non è poi tanto diverso da un applauso di fronte a un’esibizione davanti alla Notre Dame dell’Ottocento).
E dunque, perché tutto questo panegirico pseudo-storico sui bistrot e sulle loro frequentazioni?
Perché appunto ne stanno nascendo “come i funghi”, e come la moda va e viene, il termine bistrot viene ormai spesso associato a qualsiasi bar o pub che abbia un minimo di gusto un po’ retrò.
Credo però che non basti.
Se davvero si vuole rievocare un bistrot non si può prescindere dal ricrearne anche la frequentazione tipica, e le possibilità a mio avviso sono limitati a due soltanto:
- accettare come clientela artisti e letterati veramente “vecchio stile”, che ti entrano con libro, penna e calamaio o analoga strumentazione per altre arti
- adattarsi al contesto attuale e ospitare anche i moderni artisti e letterati, ricreando per loro un ambiente consono alla produttività intellettuale
La prima strada è veramente ardua, specie se si tenta di applicarla in un locale “di provincia”, perché gente come quella devi cercarla con il lanternino ormai (anche se non sono spariti del tutto, posso garantire).
La seconda strada è molto semplice da attuare: è sufficiente dotare il locale di una buona rete WIFI, renderla disponibile alla clientela, mettere qualche presa di corrente in giro e concederne l’utilizzo. Vedrete crescere esponenzialmente il numero di computer sui tavoli, sinonimo di livello culturale in crescita presso il vostro moderno Bistrot.
I buoni…
Un esempio eccellente in questo senso è rappresentato da La Permanente Bar Bistrot, in piazza Garibaldi a Cantù.
Non lo faccio per “leccaculaggine“, non ho interessi a scrivere di ciò e questa specie di recensione è frutto di una decina di mie visite, durante le quali ho sempre trovato, oltre ai servizi a mio avviso “basilari” per vantare il nomignolo di bistrot, gentilezza e disponibilità, oltre a una buona dose di pazienza per questo avventore che magari per ore ha consumato soltanto un caffè per poi sbizzarrirsi in raffiche di cocktail per festeggiare un lavoro ben riuscito.
E’ un buon esempio in questo senso anche il mio fidato Bar Frigerio, anche se non si vanta del nomignolo tanto ambito 😉
… e i cattivi
Ho purtroppo avuto anche esperienze opposte, ma “si dice il peccato e non il peccatore“: connessioni wifi e corrente elettrica “fatte pesare” al Cliente nonostante lo scontrinato esorbitante prodotto. E parliamo di dispositivi elettronici con caricatori da pochissimi watt… io sono più che disponibile a contribuire con un paio di euro mensili alla bolletta elettrica di un bar bistrot, ma in cambio mi piacerebbe che togliesse l’ultima parola dalla denominazione, perché non ne è degno.