Addio monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi… eccetera; torrenti de’ quali… eccetera, ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi… eccetera; addio casa natia, dove, sedando, con un pensiero… eccetera; addio, casa ancora straniera, sogguardata non senza rossore; addio, chiesa dove l’animo tornò tante volte sereno, addio, per sempre addio, sante memorie, e volanti corsieri!…
Non sparatemi! non sono io (quello del blog) che mi sono permesso di storpiare in questo modo il celeberrimo passaggio de I Promessi Sposi, quello in cui Lucia saluta la sua terra mentre fugge dal disastro provocato dal rocambolesco tentativo di matrimonio a sorpresa!
Breve introduzione all’autore: Guido da Verona (e da Intimiano)
Non sono stato io, dicevo, ma un nostro concittadino molto più illustre di me, tale Guido da Verona (in realtà all’anagrafe Guido Verona, nato infatti in provincia di Modena, ma resosi conto che il “da Verona” lo avrebbe certamente reso più figo!), residente – se così di può dire – a Capiago Intimiano ormai 100 anni fa.
Già, questo strano personaggio fa parte della nostra storia locale, oltre che della Storia della Letteratura italiana moderna, da cui purtroppo è stato in qualche modo “cancellato”; e non è che abitasse proprio in una casetta qualsiasi o un villino da borghese… no, no, innamoratosi delle nostre zone ha proprio fatto lo sborone comprandosi tutto il Castello di Ariberto, terre incluse!
Un personaggio davvero interessante di cui ho scoperto l’esistenza molto di recente (beata ignoranza ma benedetta curiosità), grazie alla frequentazione del Castello stesso e della splendida Biblioteca.
Tuttavia non è questa la sede per narrare la storia del nostro illustre concittadino, voglio parlare un poco del suo capolavoro. Per quanto riguarda l’autore basti sapere (e mi riprometto di scrivere qualcosa di più ampio e dedicato) che parliamo di un piccolo D’Annunzio, di un precursore di romanzi della serie “Cinquanta sfumature di grigio“, autore di best-seller da fare invidia ai giganti blasonati della letteratura politically-correct, di un soggetto che negli anni del Fascismo sfrecciava per le strade del nostro paesino a bordo di una fuori serie, accompagnato da un’affascinante compagna ballerina russa.
Insomma certamente un personaggio fuori dagli schemi, irriverente, pieno di idee e progetti spesso lontani dal pensiero comune dei suoi contemporanei… forse anche per questi tratti ne sono molto affascinato (anche lui un folle? un genio? no, no: certamente un folle genio!).
La parodia de I Promessi Sposi
Personalmente, per quanto possa valere la mia opinione di non letterato, considero la parodia de I Promessi Sposi di Guido da Verona il libro più geniale che abbia mai letto.
Sono effettivamente un po’ di parte, per due motivi almeno: 1) sono innamorato della versione originale, imparata alle Medie, ristudiata al Liceo e riletta successivamente almeno 4-5 volte, e 2) l’autore della parodia mi affascinava già in partenza.
Ad ogni modo ad un capiagointimianese che abbia anche solo minimamente apprezzato l’originale capolavoro del Manzoni questa lettura è fortemente consigliata.
Un suggerimento nell’approccio al libro: ripassare prima anche solo a grandi linee l’originale, mettere da parte ogni schema o pregiudizio, e tenere a mente che Guido scrive negli anni 20-30 del ‘900.
Non mi permetto di scriverne una recensione ufficiale, non sono capace e non voglio influenzare potenziali lettori. Mi limito a dire che la genialità (a mio avviso) sta nell’aver ricalcato lo schema dei capitoli originali, nell’aver ripreso molti passaggi “pari pari”, nell’aver contestualizzato i personaggi nell’epoca dello scrivente (ricordate? fascismo, anni 20-30…) e nell’aver saputo sdrammatizzare tutti i timori del Manzoni nel riportare certi fatti o nomi realmente accaduti o esistiti, infischiandosi palesemente di eventuali ripercussioni.
Tutto questo, e poi vado a riportare qualche passaggio specifico dell’opera, lo ha in qualche modo portato alla rovina, e quindi alla morte; e dove lo troviamo sepolto? nel nostro cimitero di Intimiano! Che onore!
Qualche passaggio, per stuzzicare la curiosità di leggerlo
Ho iniziato a leggere la parodia appuntandomi i passaggi più divertenti o più incisivi. Ho smesso a pagina 3, rendendomi conto che avrei praticamente appuntato il 95% del testo.
Qui di seguito riporto qualche riga presa dai passaggi più famosi dell’originale del Manzoni, affiancandovi la geniale parodia del Da Verona.
Originale del Manzoni | Parodia del Da Verona |
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[Lucia che saluta la sua terra dovendosene allontanare] | |
Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell'Adda. | Addio monti sorgenti dall'acque ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi... eccetera; torrenti de' quali... eccetera, ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi... eccetera; addio casa natia, dove, sedando, con un pensiero... eccetera; addio, casa ancora straniera, sogguardata non senza rossore; addio, chiesa dove l'animo tornò tante volte sereno, addio, per sempre addio, sante memorie, e volanti corsieri!... Ora, ohimè! l'ignoto schiudeva le porte dell'esilio dinanzi alla fuggitiva. Ella pure diverrebbe una grande nomade, come sono, da qualche tempo, quasi tutte le eroine dei romanzi d'appendice, in Italia; ella pure vedrebbe il cerchio stellato dell'infinito cadere su le cinque parti del mondo; vedrebbe le carovaniere della provincia di Bergamo, la brussa di Calolzio, irta d'agguati, le montagne rocciose di Incino Erba, la pampa selvaggia di Rogoredo e di Rho, abitata dagli animali più feroci che infestino la jungla dell'Africa equatoriale; ella pure diverrebbe una donna di strada, ovverossia di lunga strada, sempre su e giù per gli ascensori dei grandi alberghi, sempre dentro e fuori dalle stanze(altrui) di tutti i caravanserragli, sempre in mano agli interpreti dell'Agenzia Cook, ai doganieri che rovistano tra la biancheria per vedere se non c'è nulla di dazio, ai dragomanni dei Consolati, ai vidimatoli di passaporti, agli ufficiali dei transatlantici; sempre in moto, sempre in balìa della strada, sempre coperta di fumo e di polvere, col Baedecker sotto il braccio, tra Cernobbio e Chiavenna, tra Milano e Barlassina, tra Lodi e Casalpusterlengo, in là, in là, in là, fin dove l'Oceano Pacifico sbocca nel Ticino turbolento... Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca si andava avvicinando alla riva destra dell'Adda. |
[il cancelliere Ferrer che arriva in Milano durante i tumulti] | |
– Un po' di luogo, – aggiungeva subito: – vengo per condurlo in prigione, per dargli il giusto gastigo che si merita: – e soggiungeva sottovoce: – si es culpable –. Chinandosi poi innanzi verso il cocchiere, gli diceva in fretta: – adelante, Pedro, si puedes. Il cocchiere sorrideva anche lui alla moltitudine, con una grazia affettuosa, come se fosse stato un gran personaggio; e con un garbo ineffabile, dimenava adagio adagio la frusta, a destra e a sinistra, per chiedere agl'incomodi vicini che si ristringessero e si ritirassero un poco. – Di grazia, – diceva anche lui, – signori miei, un po' di luogo, un pochino; appena appena da poter passare. | - Un po' di luogo, - aggiungeva sùbito; - vengo per condurlo in prigione; per dargli il giusto castigo che si merita: - e soggiungeva sottovoce: si es culpable. Battendo poi sul vetro per incitare il vetturino, gli diceva in fretta - Addante, Pedro, si puedes. - Osterias! non puedo! - rispose il brumista. - Addante, addante, Pedro; con juicio, - insisteva mellifluo il cliente. - Sacramientos; hijos de perros! lavativos del otro mundo! - bestemmiava il vetturino, che parlava correntemente cinque o sei lingue, fra cui l'etrusco. Poi dava di grande frustate su la groppa del suo ronzino, il quale riusciva piano piano a farsi largo tra la folla, dando il muso nella schiena di coloro ch'erano più restii a scostarsi, mentre il vetturino poliglotta non si stancava di ripetere |
[introduzione al personaggio dell'Innominato] | |
Il sospetto che per tutto s'aveva de' suoi collegati e de' suoi sicari, contribuiva anch'esso a tener viva per tutto la memoria di lui. Non eran più che sospetti; giacché chi avrebbe confessata apertamente una tale dipendenza?ma ogni tiranno poteva essere un suo collegato, ogni malandrino, uno de' suoi; e l'incertezza stessa rendeva più vasta l'opinione, e più cupo il terrore della cosa. E ogni volta che in qualche parte si vedessero comparire figure di bravi sconosciute e più brutte dell'ordinario, a ogni fatto enorme di cui non si sapesse alla prima indicare o indovinar l'autore, si proferiva, si mormorava il nome di colui che noi, grazie a quella benedetta, per non dir altro, circospezione de' nostri autori, saremo costretti a chiamare l'innominato. | Di costui non possiamo dare né il nome, né il cognome, né un titolo, e nemmeno formare congetture sopra nulla di tutto ciò: cosa tanto più strana, inquantoché del personaggio troviamo memoria in più di un libro (libri stampati, dico) di quel tempo. Essendoci pertanto rivolti al celebre detective Ferrari, abbiamo risaputo in un batter d'occhio chi egli fosse: cioè Francesco Bernardino Visconti, feudatario di Brignano Geradadda. Ma noi, per non far torto al nostro Manoscritto, ed anche un poco per timore di rappresaglie da parte del temutissimo signore, (benché taluni assicurino ch'egli sia morto già da secoli) converremo di chiamarlo l'innominato. |
Non ditemi che non state già correndo a cercarne una copia! Vi agevolo subito la ricerca, qui sotto.
Se poi l’avete già letto, vi prego, lasciate un commento facendomi sapere cosa ne pensate!
Dove trovare il libro?
Risposta facilissima: in Biblioteca al Castello di Ariberto!
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