Questa mattina ho avuto un sovraccarico di questioni tecniche e lavorative a cui pensare e ho sentito la necessità di svuotare un attimo la mente. Quindi, come si faceva una volta e come oggi ti consigliano sempre tutti (ma poi chissà chi lo fa veramente? io questo privilegio ce l’ho da un paio d’anni e lo pago a caro prezzo a suon di tasse, contributi e tutto il cucuzzaro attorno alla partita iva), sono uscito a fare due passi (a piedi, si).
Siccome abito da sempre a Capiago Intimiano – un “buco di culo di mondo” direbbe il milanese medio, salvo poi magari comprarvisi una villa per riposare la mente nel fine settimana – alla passeggiata urbana su marciapiede ho sempre preferito quella boschiva su sentiero.
Noi siamo molto fortunati nel nostro paesino (ma non solo nel nostro naturalmente!): abbiamo ancora la possibilità di muoverci a piedi lontano dalle strade trafficate e liberi dal pensiero di dover costantemente tenere l’occhio vigile sulle automobili in circolazione.
[ATTENZIONE: In questa nostra epoca moderna in cui sei subito identificato e bollato con apposite etichette a seconda di come ti comporti in una specifica circostanza (e su questo tema avrò molto ancora da scrivere…) probabilmente mi prenderò di seguito anche del comunista, oltre che ambientalista, verde, fridayforfuture e altre “parolacce”. Potrei ora citare un cantante che all’ultimo Sanremo ha fatto tanto parlare di sé, ma diventerei ulteriormente etichettabile 🙂 ]
Negli ultimi tempi – e la passeggiata di stamattina non ha fatto eccezione – sto provando ad addentrarmi a piedi anche lungo sentieri, camminamenti e passaggi meno frequentati.
Non perché voglia stanare gli spacciatori del bosco, ma perché mi sono accorto che se i passaggi non vengono utilizzati per molto tempo si ammalano di una strano virus i cui sintomi sono in genere (e spesso nell’ordine):
- crescita di cataste di legna e sterpaglie
- proliferazione di materiali pseudo-edili dall’aspetto già vecchio
- nascita di cartelli di divieto in cui spesso non è chiaro cosa lo sia veramente
- diffusione di recinzioni varie
- fuoriuscita dal terreno di cancellate su cui successivamente spuntano catene e lucchetti
Sembrano – come nello spot pubblicitario di un noto dentifricio – le tappe di un viaggio di sola andata che ha come destinazione finale quella della chiusura definitiva e quindi un “addio per sempre” alla possibilità di passarci anche a piedi.
Questo virus tra l’altro non affligge soltanto i sentieri nei boschi più remoti, ma può contagiare anche passaggi urbani tra proprietà, o quelle stradine che non si capisce bene dove vadano a finire…
Devo ammettere che la passeggiata di questa mattina ha certamente alleggerito il carico di pensieri tecnici e lavorativi, ma vi ha infilato un nuovo tarlo: siamo fortunati ad abitare in questo paese, ma se non utilizziamo appieno le cose belle che ci offre siamo anche un pochino fessi 🙂
Cosa possiamo fare?
A mio avviso: essere meno pigri e sforzarci di fare quel passo in più (talvolta più psicologico che fisico) per uscire dal solito giro, alzare la testa, e guardare oltre, perché il futuro del nostro piccolo paesello è nelle nostre mani prima che in quelle di chi ci governa!
Lo vedi che sei proprio un friday for future?
No, non credo, ma se lo dici tu… io ci vedo una finalità più facilmente concretizzabile:
Immaginiamo – nel nostro paesello sempre – un intreccio di percorsi e passaggi pedonali che vada oltre la necessità “di fare due passi per svuotare la mente” (come può valere per una pista ciclopedonale), e si proponga invece come una vera e propria rete di vie di collegamento dedicata a chi si muove a piedi (o in bici) per raggiungere servizi, attività, scuole, luoghi culto, parchi, …
Si potrebbe anche assegnare dei nomi ufficiali per i vari tratti e per gli incroci, come fossero delle vie e delle piazze…
La rete del nostro paesello si potrebbe collegare poi alla rete del paesello vicino, e di quello vicino ancora, …
Ok, sto iniziando a vaneggiare, meglio che mi fermi qui 🙂