#Inauguriamo con questo post la nuova categoria “psicologia”, e nello specifico parliamo della psicologia applicata a me medesimo nell’ambito del più brutto periodo della mia vita, finora si intende.
Telefonate Meravigliose perché di tali si tratta, e in questo primo post riporto il contenuto della prima telefonata, fornendo un piccolo preambolo per meglio far comprendere al lettore la situazione.
Peraltro, noterete alcune parole chiave che puntano ad un articolo fittizio con contenuto ancora da scrivere; che sono rimandi ad approfondimenti che (magari) un giorno scriverò…
Telefonata 1: con Ste
Preambolo
Questa la breve cronologia dei fatti antecedenti:
- Assunto in Cap (Milano) in data 18/05/2016
- Inizio assenze sporadiche a febbraio 2017
- Assenze più frequenti a marzo 2017
- Fuga a Zanzibar ad aprile 2017
- Rientro al lavoro fine aprile 2017
- Inizio malattia maggio 2017
- [percorso malattia e percorso guarigione, che sarà dettagliato in altri N articoli, se mi va di farlo]
- Presentazione dimissioni 01/09/2017
[A questo punto l’immagine è quella di una partita di calcio in cui sono andato sotto di molti goal e rischiavo di perdere la partita. Ad inizio settembre sono tornato al pareggio e ho fiducia di essere io il prossimo a segnare un goal.]
Telefonata
[01/09/2017 h 16.00, dopo messaggino di risposta a richiesta prolungamento ferie in cui anticipo la decisione]
Chiamo io e risponde chiedendo 4 minuti per chiudere un’attivita in corso, mi avrebbe richiamato lui.
Richiama e inizia con : “ti ho chiesto 4 minuti così ho avuto il tempo di scendere e sono qui a fumarmi una sigaretta dove eri solito fumarla tu”.
Mi si scioglie il cuore.
Rispondo che non ci credo che stia fumando, nemmeno se lo vedessi coi miei occhi. “Ok, è vero, non fumo, ma sono sceso veramente per essere più libero di chiacchierare. Allora, dimmi tutto”.
Attacco io con un pippone sul percorso che ho intrapreso, sul livello ancora più basso raggiunto (raschiando il fondo del barile per poter risalire), sui risultati ottenuti e sulla maturazione della scelta di dimettermi.
I punti focali della decisione (vedi articolo di approfondimento su “Il mio percorso di uscita dalla depressione“) sono:
- Il pendolaresimo (3 ore e rotte al giorno perse)
- L’orario di fine giornata lavorativa labile e tendente a salire
- L’allocazione generalmente volta a “progetti” di lunghissimo termine, più manutenzioni che implementazioni, quindi a tendere “noiose”
I primi due elementi hanno come effetti i seguenti:
- In settimana si arriva a casa alle 20.00 quando va bene, mediamente alle 21.00 e talvolta anche più tardi. Si mangia e si dorme.
- In settimana non si riesce ad avere vita sociale e difficilmente si portano a termine commissioni di qualsivoglia natura, salvo dover prendere permessi a go go
- Nel fine settimana, 1 giorno su 2 va quasi interamente dedicato allo svolgimento delle faccende domestiche, la spesa ed eventuali commissioni che in settimana non si sono potute svolgere
- L’altro giorno del weekend serve a riprendersi, e a cercare di recuperare quei contatti sociali che mano a mano si impoveriscono per l’assenza settimanale totale
Morale: piano piano ci si isola dalla società in cui si è residenti, e non ci si riesce ad integrare nemmeno nella grande metropoli milanese, che non la si vive se non per questioni lavorative.
Da qui la scelta (e la necessità) di avere più tempo per la mia persona, per le mie commissioni.
La scelta di iniziare a lavorare in proprio nasce dall’unione di una passione innata per internet, il digitale in genere, la programmazione cc… e l’amore nato (in 5 anni di esperienze nel settore) per il mondo dello sviluppo software e dell’IT in senso lato.
Torniamo alla telefonata.
Ste mi lascia parlare a ruota libera, io cerco di dare un filo logico ai discorsi, e lui interviene sapientemente con commenti assolutamente azzeccati. La mia digressione dura all’incirca una 15ina di minuti (non sto a contarli, ma a fine telefonata provo a fare due conti). Al termine, lui prende la parola (io intanto ho la gola secca, e sono emozionato per come si stia svolgendo il tutto).
Alessandro, ti do 3 feedback (non molla mai il suo approccio da PM navigato):
- Questa telefonata mi riempie di gioia perché, pur non vedendoti in faccia e non vedendo i tuoi occhi, sento un tono di voce molto diverso da quello di qualche mese fa.
Durante le tue cadute momentanee ti ho più volte chiesto se andava meglio e tu rispondevi “SI, ce la faccio”, ma in cuor mio capivo che si trattava di dirmi cose che pensavi avrei voluto sentire… mentre ora il tuo discorso mi sembra genuino.
Quindi ripeto che sono molto felice di sentirti e di sentirti così. - Per quanto riguarda le dimissioni, tecnicamente tu hai mandato il modulo INPS ma ti consiglio per esperienza di comunicare ufficialmente anche in azienda (raccomandata vecchio stile o email, dovrebbero andare benissimo)
- La salute viene prima di tutto, ma immediatamente dopo (se non contestualmente) è necessario trovare un modo per guadagnarsi la pagnotta… hai già qualche idea o contatto?
Rispondo che in realtà sto iniziando a fare qualcosa per conto mio nell’ambito WEB e digital mobile.
Ste mi rassicura dicendo che nell’anno e rotti di contratto (anno scarso di lavoro effettivo) in cui ha potuto vedermi praticamente quotidianamente ha capito che sono portato per il mondo dell’IT, e che ne sono innamorato (questo lo aggiungo io, e ci credo fermamente).
Quindi cambiare tecnologia, cambiare linguaggio, framework o altri tecnicismi costituirà un piccolo ostacolo iniziale, ma poi i concetti e le esperienze tornano, e a dir suo non avrò grosse difficoltà a barcamenarmi in questo mondo.
Lo spero vivamente, ci credo parecchio, e dopotutto non lo faccio per diventare ricco. Lo faccio per arrivare dignitosamente a fine mese ed essere felice del lavoro che faccio. Perché il lavoro fa parte della nostra vita (non deve essere la nostra vita, credo, ma in un modo o nell’altro è uno dei pilastri principali).
Inoltre, visto che non si tratta di lasciare una società di consulenza per andare a piantare pomodori in Australia, ma di restare in un settore in cui anche Cap è presente, Ste rassicura sulla possibilità (per quanto compete a lui) di eventuali collaborazioni future, di qualsivoglia natura.
Ormai l’emozione è cresciuta parecchio, inizio ad avere i peletti delle braccia che si rizzano in piedi, e Ste rincara la dose mettendoci un po’ di suspance: Ale, un’ultima cosa però devo chiedertela.
Dimmi Ste.
Verso la fine di Ottobre (ovvero il termine del mio periodo di preavviso.. sarò libero in toto dal 1 novembre) fai quello che ritieni più opportuno, un pranzo, una cena, un aperitivo, vedi tu… ma ti prego di organizzare un’occasione in cui tutti noi possiamo vederti di persona, salutarti, abbracciarti e vederti che stai meglio.
Ci tengo anche personalmente, perché abbiamo trascorso del tempo lavorativo insieme, ci sono state vicissitudini che ti hanno allontanato dal lavoro e manchi a tutti noi. Vogliamo essere rassicurati sulla tua situazione e salutarti come si deve.
Per alcuni di noi inoltre, nel periodo critico (si riferisce presumibilmente alla mia fuga a Zanzibar) hanno risentito parecchio dal punto di vista personale. Anche e soprattutto per loro (e immagino si rivolga principalmente alla cara Valentina) è giusto dare questa occasione per tirare un lungo sospiro di sollievo.
Infine, se riesci a combinare la presenza di Giulia, con la quale ho avuto diversi scambi di comunicazione, sempre via telefono o messaggio o email, sarei molto felice di conoscerla di persona, per dare un tocco di “realtà” a una conoscenza finora “virtuale”.
Siamo alla fine della telefonata, di minuti il contatore del telefono ne segna 30 abbondanti… io ormai ho un po’ di magone che fatico a trattenere. Non so come salutare, e dal profondo del cuore mi esce questo “Ste, io non so davvero come ringraziarti, per tutto. Sei stato un padre sul lavoro. Sei il mio terzo papà (dopo quello ufficiale anagrafico e il papà di Giulia). Nella mia vita lavorativa globale (comprese le domeniche di golf e i lavoretti estivi) ho avuto diversi “capi” e/o “responsabili”, in realtà più o meno grandi. Mai grandi come Cap naturalmente. Ma una persona del tuo spessore non l’avevo mai incontrata. Non ne sono meravigliato perché nel corso della faccenda avevi già dato dimostrazione di altissima capacità di comprensione, pazienza, interesse “sano” alla mia situazione, ma questa telefonata sigilla il mio pensiero nei tuoi confronti. Sei un grande! Grazie ancora e ci rivediamo per fine ottobre (più tutte le occasioni “informali” a cui i colleghi-amici cavranno piacere di invitarmi a far parte).”
Appendo e una lacrima inizia realmente a scorrermi sulla guancia destra.